Italia-Brasile 3-2 Lato A

Dove eravate quando...

Lato A: Scontro diretto

Credevo di esserci abituata. Agli scontri diretti, intendo. L’emozione trattenuta, la tranquillità simulata, l’urlo ricacciato in gola, l’ansia che ti prende lo stomaco contorcendoti le budella e togliendoti il fiato.
E invece no. Anni e anni di Milan-Inter non mi avevano insegnato nulla. Passati invano i tormenti della retrocessione, le lacrime calde che scendevano di nascosto, sul balcone della cucina. Inutili le tattiche – a lungo affinate – con cui io, saggia sorella maggiore, fingevo superiorità nei confronti dei due esseri, allo stesso tempo familiari ed estranei, per cui il nerazzurro era più di una fede.
Evidentemente era solo l’inizio. Era qui che dovevo arrivare. Un angolo sperduto della Cornovaglia, un paesino dal nome impronunciabile. A vivere questo preciso, assurdo e irripetibile momento. La madre di tutte le battaglie, la sfida delle sfide. Non si fanno prigionieri: o la va o la spacca.
Certo il destino me l’aveva proprio giocata. Manco fosse un arbitro dispettoso e intransigente. Finalmente libera, per la prima volta in un paese straniero, assaporavo il gusto proibito dell’indipendenza e la gioia pura della scoperta. Non da sola però. E questo era il bello. Mi avevano assegnato come compagna di stanza una ragazza fantastica. Pareva la mia esatta controparte in tutto: bionda, incasinata quanto basta, fantasiosa ed esotica.
Una scintilla intensa, immediata. Ore e ore passate a cantare, risate fresche e leggere che sembravano sgorgare da luoghi lontani e conosciuti. La sera, prima di dormire, discussioni infinite. Io la rassicuravo, vedrai che tutto si compensa. Non ci credevo fino in fondo, ma mi piaceva il modo in cui le mie parole sembravano calmarla.
E ora questo. La prova più dura, il salto nel cerchio infuocato. Non adesso, non così presto. Tutto potrebbe andare in frantumi, squagliarsi come neve al sole lasciando una scia straziante di tristezza e nostalgia.
Mi preparo al peggio. Cerco aiuto nei ricordi di famiglia. Indosso l’antica corazza fatta di distacco, savoir-faire, sottile ironia. Ma questa volta la paura mi assale: e se non la bevesse? Se non riuscissi a reggere per il tempo necessario? La guardo per carpire qualche segnale, un’espressione, un gesto. Tutto tace.
La tensione diventa palpabile. Le parole, affrettate e gentili, non bastano più a mascherare il vuoto. Il nervosismo affiora dagli sguardi sperduti, le pupille dilatate e febbrili. Sono stanca. Manca davvero poco. Finalmente, il momento della verità. Comunque vada, non potrà essere peggio di questo interminabile tormento.
5 luglio 1982, ore 17.15 : l’arbitro Klein fischia l’inizio di Italia-Brasile.
Ci guardiamo. Vinca il migliore.
Anzi no…

Louisette

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